Avevo uno zio.
Zio Nunzio, fratello della mia anziana genitrice.
Da giovane assomigliava a Celentano, cioè non proprio un campione di bellezza.
Aveva imparato qualche suo pezzo e lo cantava sempre al Bulldozer (mia sorella) che lo aveva soprannominato: zio umbo cha cha cha.
Quando era piccolo prima di andare a scuola si riempiva la cartella di mozziconi di pane duro e anche la camicia poi urlava sull'uscio di casa.. "dammi il pane, mannaggia a chi tè murt", credetemi una frase non del tutto elegante, ma erano i tempi in cui i bambini vivevano nei cortili e sulle loro teste passavano gli aerei tedeschi, tempi in cui si badava a lavorare nei campi piuttosto che esercitare il mestiere dell'educatore.
Ogni tanto tornava da scuola urlando e tirando in aria felice la cartella: ho preso dieci.. ho preso dieci.. datemi il pane fresco, mannaggia a chi tè murt.
Non era bravo a scuola, ma sapeva fare di conto.. sommando i voti dell'intera settimana, quando arrivava a dieci pretendeva la sua paghetta in natura.
Più avanti negli anni, ha lasciato la Basilicata, per raggiungere le sorelle a Torino.
Ha trovato lavoro in Michelin e qualche anno dopo la pensione, forse neanche tre, è morto di tumore, asbestosi.
Nessun risarcimento, era anche un fumatore, così si sono difesi i dirigenti del gruppo e poi la famiglia non ha voluto saperne di riesumare il corpo per le analisi: dignità lucana.
Quello che più mi affascinava di zio Nunzio era il suo amore per l'opera.
In casa aveva tutte le opere, dalla Carmen al Barbiere di Siviglia passando per la Traviata. Il suo amore: la Callas.
Stasera, non so spiegare esattamente il perchè, sdriata sulla chaise longue sul mio bel terrazzo, pensavo all'umiltà di questo operaio venuto dal sud, senza nessuna istruzione se non quella di qualche anno di scuola elementare.
Pensavo al suo amore per la musica, per la musica raffinata, per quella musica che non è da tutti, tantomeno mia.
Quel suo sguardo staccato dal mondo quando le note invadevano la casa, quel suo sapere discernere tra tenore, soprano, mezzosoprano e baritono.
Quel suo svegliarsi in piena notte per seguire i concerti che la radio trasmetteva dall'orchestra filarmonica di new york, per poi montare qualche ora dopo il primo turno in fabbrica.
I suoi figli quando è morto, gli hanno messo al collo la sciarpa del milan e tra le mani il tuttosport, perchè lui era anche questo: un tifoso.
Mia madre, inorridita, gli ha stretto una corona del rosario tra le dita.
Io gli avrei riempito gli spazi di musica, certa che avrebbe gradito.
2 commenti:
Sono sempre più convinto che ci siano persone, specie nate e cresciute prima degli anni 40, che siano il doppio più uomini di noi.
Credo che lo zio umbi sia uno di questi.
Concordo pienamente con Spinoza...
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