domenica 23 ottobre 2011

I nuovi poveri

Devo essergli sembrata rassicurante, scoglio al quale aggrapparsi, allegra e sicura come solo una giornata di sole seppur tiepido può rendermi, fine giornata lavorativa, il pensiero del rientro a casa dalle mie ragazze, dai miei affetti più cari.
Mi è venuto incontro prima che potessi immergermi nel sottosuolo della metropolitana.
Magro, le mani affusolate stringono biglietti da visita tagliati a mano, deve averli prodotti artigianalmente.
E' educato, raffinato, sorride ma è servoso, la camicia gli sta larga mostrando un collo scheletrico.
"Può aiutarmi?" mi chiede.
Rischio di perdere il treno ma il suo sorriso timido e nervoso mi blocca, l'indifferenza per fortuna non si è ancora impossessata di me.
Rallento, mi fermo, lo ascolto.
"Spero possa aiutarmi", intanto maltratta i biglietti che ha in mano, prende fiato "Sono laureato, parlo fluentemente due lingue, ho competenze informatiche, ho grande esperienza nel campo informatico sottolinea, non lavoro da mesi, sto perdendo tutto" è ormai un fiume in piena, parla a raffica "mi aiuta la Caritas, sono aiutato dalla Caritas, quasi ancora non ci credo"
Scuote la testa, i battiti del mio cuore accellerano, provo imbarazzo per il suo imbarazzo, non riesco a deglutire, non so cosa dirgli, cosa rispondere, invece a sorpresa gli dico "Cosa posso fare? Come posso aiutarla?"
"Non lo so" risponde lui, con la voce strozzata dal pianto, si allontana veloce, lasciandomi sola accanto alla scala mobile della metropolitana, triste, con il mio imbarazzo.
Ho incontrato un nuovo povero, vittima della globalizzazione, aiutato dalla Caritas, allontanato da un sistema produttivo che all'uomo preferisce il profitto.
Mi sento svuotata.
Ho raccolto il suo dolore, impiego ore a scrollarmelo di dosso.
Sono ritornata sul posto alla ricerca di un suo biglietto da visita, di una traccia, nulla.
Ieri Vittorio Feltri ha asserito che non siamo ancora a livello povertà, in fondo non ha ancora visto nessun morto per fame sulla strada, allora forse ho sognato.
O forse dobbiamo ringraziare la Caritas?