venerdì 27 giugno 2008

in tacchi alti

Posto oggi una lettera pubblicata su "la stampa", è la vicenda di Valentina Maran, pubblicitaria con contratto a tempo indeterminato, messa alla porta dalla sera alla mattina.

Io sono una che sputa nel piatto dove mangia. Non amo la pubblicità. E non amo i pubblicitari (nonostante io sia una di loro). Non li amo soprattutto ora che mi hanno fatta fuori. Esatto. Pochi giorni fa. Una bella lettera di licenziamento dove mi si avvisa che, pieni di cordoglio e dispiacere, si vedono costretti a sopprimere il mio posto di lavoro. Giustificato motivo oggettivo, si chiama. Io la chiamo pugnalata alle spalle. O calcio nel culo. A seconda. Funziona così: che torni dalla sala di incisione dopo aver speakerato lo spot sul quale lavori da mesi e che finalmente sta per vedere la luce. Torni senza aspettarti niente. I tuoi capi ti chiamano in sala riunioni e ti dicono “ci dispiace ma dobbiamo darti una brutta notizia: abbiamo perso un cliente grosso e dobbiamo fare dei tagli. Abbiamo deciso di far fuori te. Puoi scegliere se aspettare la lettera di licenziamento o se dare le dimissioni tu. Se le dai tu, ti diamo due mesi di preavviso retribuito più un mese di stipendio. Se aspetti la lettera invece ti paghiamo solo il preavviso.” Ecco quello che valgo. Un solo mese di stipendio. Ecco l’offerta che mi fanno: ecco cosa valgono due anni di lavoro senza orari, i week end spesi senza chiedere un soldo di straordinari. Ecco cosa vale essere la creativa di punta, quella che risolve i problemi, quella a cui vengono affidati i progetti più difficili. Vale un solo mese di stipendio. E basta. Io per questa gente non valgo niente. E’ anche grazie a me che hanno i loro stipendi, le loro auto aziendali, le loro case in Sardegna e in Grecia. E’ mia la creatività che è iscritta al festival di Cannes (la maggior vetrina per tutti i pubblicitari del mondo), per far fare bella figura alla loro azienda. Sono mie le campagne che trovate sul loro sito per pubblicizzare il lavoro che fanno. Nessun preavviso. Nessuna avvisaglia. Niente di niente. Neanche il coraggio di parlare per tempo a quattr’occhi dicendo semplicemente “Ragazzi la situazione non è buona, se avete altre offerte, approfittatene”. No. Niente. Io, col mio bel contratto a tempo indeterminato, e il mio portfolio impeccabile, sono stata messa alla porta senza tanti complimenti. Il difficile adesso è rimanere dentro. Perché il mondo della pubblicità non è mica un posto normale: non basta mandare il curriculum. Nel mondo della pubblicità coi curriculum ci fanno carta straccia. Bisogna frequentare la banda del Negroni: per fare colloqui in pubblicità devi conoscere l’amico dell’amico, ottenere da lui il numero di quell’altro e rompergli le palle finché non ti fissa un colloquio. Solo attraverso le voci di corridoio sai se la gente si sta spostando e se puoi occupare i posti lasciati liberi. Devi riesumare contatti perché tutto fa brodo. Arrivi a sentire anche chi volevi morto. Tutto pur di rientrare. Solo prendendo gli aperitivi con la gente giusta puoi sperare di rientrare nel giro. E avere un posto. Sì, certo, anche il portfolio fa la sua parte. Ma per arrivare a mostrarlo a qualcuno devi prima avere un numero di telefono e chiamare. Ecco come funziona. Certo, potete dirmi “non farci caso, ma mollali e mettiti a scrivere”. Solo che difficilmente si riesce a vivere di scrittura. E poi vaffanculo, se esco, voglio uscire dalla porta principale perché l’ho deciso io, non perché me l’ha imposto qualcun altro. Oggi all’ufficio di collocamento, l’impiegata mi ha fatto inserire il mio iter di formazione dentro la tabella prefissata dal ministero. Il mio ruolo in termini semplici è identificato come “grafica pubblicitaria”. Grafica pubblicitaria. Vaglielo a spiegare che ti occupavi di lanci internazionali di automobili. Diglielo che muovevi capitali solo mettendo giù un’idea piuttosto che un’altra. Dal documento risulta che sono un’impiegata di primo livello che sa usare word e conosce l’inglese a livello scolastico. Come eventuale ruolo alternativo mi si propone di fare l’addetta all’immissione dati. Faccio la copywriter, accidenti. Impara la terminologia: “COPYWRITER!” Sono una creativa. Invento spot per la tv, la radio e la stampa. Sono quella che ha fatto la pubblicità di Freddy Krueger che si lecca le dita dopo aver mangiato le patatine. Sono quella che ha fatto lo spot con le due auto che giocano a tennis nel deserto. Sono quella che ha fatto lo spot del ragazzo che si infila nel distributore per prendere le patatine. Sono quella che vi ha fatto ridere con un sacco di spot radio per una marca di automobili. Sono io. Quel lavoro sono io. Io so fare solo quello. Il dramma è che mi viene pure bene. www.valentinamaran.com. Lì c’è tutto. Io non mento. Oggi ho l’appuntamento con l’avvocato per impugnare il licenziamento. Forse si aspettavano di vedermi andare via in punta di piedi. Forse non hanno capito che una come me preferisce muoversi in tacchi alti

venerdì 6 giugno 2008

SPORCHI E CATTIVI.. seconda puntata

FDA sta conducendo un'indagine per valutare se l'assunzione di medicinali per la cura dell'artrite e del morbo di Crohn da parte degli adolescenti sia associato ad un aumento del rischio di sviluppare il cancro. Sono infatti stati segnalati 30 casi di bambini ed adolescenti che hanno sviluppato il cancro dopo 10 anni di assunzione di questi farmaci. Sono sotto osservazione gli inibitori del TNF di 4 aziende: Remicade (infliximab) di J&J, Humira (adalimumab) di Abbott, Enbrel (etanercept) di Amgen e Wyeth e Cimzia (certolizumab pegol) di UCB

Chi ha stoffa sceglie .. Pianezza! Chi non ce l'ha l'abbandona


Fashion tricolore/ Il made in Italy di nicchia firma il successo del senatore Obama
Venerdí 06.06.2008 14:02


Il made in Italy di nicchia trionfa alle primarie del Partito Democratico in USA. Si è appena conclusa la sfida fra Barack Obama e Hillary Clinton e a spuntarla è stato il senatore afroamericano dell'Illinois. Merito anche del suo look, più giovane e casual rispetto a quello più classico dell’avversaria.
Un look tutto italiano: complice del successo di Obama e della sua immagine accattivante, infatti, è un’azienda di Pianezza, paese a 6 kilometri dal centro di Torino. La Cover Manifattura, che gli fornisce i pantaloni di sartoria che il senatore dell’Illinois ha contributio a rendere celebri. Pantaloni che somigliano agli americanissimi Avirex che li confeziona con un taglio militare, ma che, invece, provengono dalla più tradizionale sartoria made in Italy.

Taglia 52 e orlo ristretto: queste sono le caratteristiche che devono avere assolutamente i PT01 per Obama che hanno contribuito al suo stile easy chic. Acquistati per la prima volta durante la Festa del Cinema Americano di Deauville la scorsa estate, da allora il senatore non se ne è più separato, anche nella versione Silver Chino, ispirata a pantaloni militari, comodi da usare nei lunghi viaggi durante la campagna presidenziale.

domenica 1 giugno 2008

Feast or famine

Cosi' e' la natura oggigiorno "feast or famine": festa o fame; l'anno scorso i fiumi erano al minimo, ora sono al massimo.
Tom, Colorado

SPORCHI E CATTIVI

I riflettori non si sono ancora spenti sulla questione inerente il trasferimento aziendale. Ricordate, ci hanno definite donnette, hanno definito Torino provinciale, con una viabilità pessima e priva di attrattive culturali e soprattutto priva di talenti.
Nonostante tutto la multinazionale a Torino aveva le sue basi dal 1932 e il personale interno ad ogni livello ha sempre lavorato con serietà e costanza. A qualche mese della chiusura degli uffici commerciali cosa sta succedendo nella capitale meneghina?
Sembra che il top(o) di origini ispaniche ma con laurea conseguita a Palermo, in un momento di sconforto abbia detto: “: " .... Possibile che da quando siamo qui a Milano non ne va bene una ?!?!? ... eravamo a Pianezza, eravamo in "quattro" in più pure SPORCHI E CATTIVI e le cose andavano avanti ... siamo venuti qui, ho fatto tutto nuovo e non ne va bene una ...."
Saranno ancora convinti che i talenti seppure sporchi e cattivi in Piemonte non esistano?
Buona Repubblica a tutti.