Posto oggi una lettera pubblicata su "la stampa", è la vicenda di Valentina Maran, pubblicitaria con contratto a tempo indeterminato, messa alla porta dalla sera alla mattina.
Io sono una che sputa nel piatto dove mangia. Non amo la pubblicità. E non amo i pubblicitari (nonostante io sia una di loro). Non li amo soprattutto ora che mi hanno fatta fuori. Esatto. Pochi giorni fa. Una bella lettera di licenziamento dove mi si avvisa che, pieni di cordoglio e dispiacere, si vedono costretti a sopprimere il mio posto di lavoro. Giustificato motivo oggettivo, si chiama. Io la chiamo pugnalata alle spalle. O calcio nel culo. A seconda. Funziona così: che torni dalla sala di incisione dopo aver speakerato lo spot sul quale lavori da mesi e che finalmente sta per vedere la luce. Torni senza aspettarti niente. I tuoi capi ti chiamano in sala riunioni e ti dicono “ci dispiace ma dobbiamo darti una brutta notizia: abbiamo perso un cliente grosso e dobbiamo fare dei tagli. Abbiamo deciso di far fuori te. Puoi scegliere se aspettare la lettera di licenziamento o se dare le dimissioni tu. Se le dai tu, ti diamo due mesi di preavviso retribuito più un mese di stipendio. Se aspetti la lettera invece ti paghiamo solo il preavviso.” Ecco quello che valgo. Un solo mese di stipendio. Ecco l’offerta che mi fanno: ecco cosa valgono due anni di lavoro senza orari, i week end spesi senza chiedere un soldo di straordinari. Ecco cosa vale essere la creativa di punta, quella che risolve i problemi, quella a cui vengono affidati i progetti più difficili. Vale un solo mese di stipendio. E basta. Io per questa gente non valgo niente. E’ anche grazie a me che hanno i loro stipendi, le loro auto aziendali, le loro case in Sardegna e in Grecia. E’ mia la creatività che è iscritta al festival di Cannes (la maggior vetrina per tutti i pubblicitari del mondo), per far fare bella figura alla loro azienda. Sono mie le campagne che trovate sul loro sito per pubblicizzare il lavoro che fanno. Nessun preavviso. Nessuna avvisaglia. Niente di niente. Neanche il coraggio di parlare per tempo a quattr’occhi dicendo semplicemente “Ragazzi la situazione non è buona, se avete altre offerte, approfittatene”. No. Niente. Io, col mio bel contratto a tempo indeterminato, e il mio portfolio impeccabile, sono stata messa alla porta senza tanti complimenti. Il difficile adesso è rimanere dentro. Perché il mondo della pubblicità non è mica un posto normale: non basta mandare il curriculum. Nel mondo della pubblicità coi curriculum ci fanno carta straccia. Bisogna frequentare la banda del Negroni: per fare colloqui in pubblicità devi conoscere l’amico dell’amico, ottenere da lui il numero di quell’altro e rompergli le palle finché non ti fissa un colloquio. Solo attraverso le voci di corridoio sai se la gente si sta spostando e se puoi occupare i posti lasciati liberi. Devi riesumare contatti perché tutto fa brodo. Arrivi a sentire anche chi volevi morto. Tutto pur di rientrare. Solo prendendo gli aperitivi con la gente giusta puoi sperare di rientrare nel giro. E avere un posto. Sì, certo, anche il portfolio fa la sua parte. Ma per arrivare a mostrarlo a qualcuno devi prima avere un numero di telefono e chiamare. Ecco come funziona. Certo, potete dirmi “non farci caso, ma mollali e mettiti a scrivere”. Solo che difficilmente si riesce a vivere di scrittura. E poi vaffanculo, se esco, voglio uscire dalla porta principale perché l’ho deciso io, non perché me l’ha imposto qualcun altro. Oggi all’ufficio di collocamento, l’impiegata mi ha fatto inserire il mio iter di formazione dentro la tabella prefissata dal ministero. Il mio ruolo in termini semplici è identificato come “grafica pubblicitaria”. Grafica pubblicitaria. Vaglielo a spiegare che ti occupavi di lanci internazionali di automobili. Diglielo che muovevi capitali solo mettendo giù un’idea piuttosto che un’altra. Dal documento risulta che sono un’impiegata di primo livello che sa usare word e conosce l’inglese a livello scolastico. Come eventuale ruolo alternativo mi si propone di fare l’addetta all’immissione dati. Faccio la copywriter, accidenti. Impara la terminologia: “COPYWRITER!” Sono una creativa. Invento spot per la tv, la radio e la stampa. Sono quella che ha fatto la pubblicità di Freddy Krueger che si lecca le dita dopo aver mangiato le patatine. Sono quella che ha fatto lo spot con le due auto che giocano a tennis nel deserto. Sono quella che ha fatto lo spot del ragazzo che si infila nel distributore per prendere le patatine. Sono quella che vi ha fatto ridere con un sacco di spot radio per una marca di automobili. Sono io. Quel lavoro sono io. Io so fare solo quello. Il dramma è che mi viene pure bene. www.valentinamaran.com. Lì c’è tutto. Io non mento. Oggi ho l’appuntamento con l’avvocato per impugnare il licenziamento. Forse si aspettavano di vedermi andare via in punta di piedi. Forse non hanno capito che una come me preferisce muoversi in tacchi alti
5 commenti:
Brava, una donna con le p....
Peccato che sebbene carica di tutte le ragioni e sicuramente vincitrice di una eventuale causa, sarà comunque costretta ad andarsene perchè sappiamo bene cosa non tirino fuori per esasperarti....
penso che sia già uscita vincitrice. perchè ha avuto il coraggio di alzare la testa e di rendere nota la sua storia per risvegliare le coscienze di tanti altri e tante altre che si trovano in situazioni simili. purtroppo, non sono potuta uscire coi tacchi alti ma con le ballerine, ma anche a me è successa una cosa simile.. non più tardi di ieri. e anch'io, ho alzato la testa. un forte abbraccio
un amico ha disapprovato il fatto che abbia pubblicato lo sfogo di valentina maran. Ritiene che la pubblicazione dello sfogo su La Stampa sia stato creato ad hoc. Sono anche io in parte del suo stesso parere. Resta il fatto che nel giro di niente una donna (o un uomo non avrebbe fatto differenza) sia stata messa alla porta. Resta il fatto che al management di ogni azienda non importi nulla dell'individio. Importa il business niente altro. La presa di posizione di Valentina è stata notevole. Non tutte e non tutti hanno questa determinazione, questo coraggio di contrapporsi ai poteri forti. Un forte fortissimo abbraccio a radio londra. Dovremo organizzarci e fare una marcia delle quasi quarantenni precarie ... o magari precarie. Qui c'è il rischio che non si lavori più. Iniziano a tremarmi le vene dei polsi....
Un abbraccio a radiolondra... :-)
Anche io ho un po' di paura, penso che sia più difficile del previsto rientrare nel mondo del lavoro... e poi penso che sono già passati sette mesi e io sono ancora qui.
Loro con la loro bastardaggine sono la, è vero, non hanno nemmeno la coscienza e quindi guardarsi al mattino allo specchio non gli rimorde solo per quella ragione, è vero che noi a valori siamo molto più elevate di loro... però chi ha i conti da far quadrare siamo noi.
Anche se comunque non vorrei far cambio con nessuno di loro...
grazie fanciulle per la solidarietà. ma come ho scritto anche nel mio blog, ogni tanto bisogna alzare la testa, quando ce lo si può permettere. questa volta l'ho fatto, in altre occasioni nn me lo sono potuta permettere. mi spiace solo constatare che nella nostra società ci sia sempre meno rispetto per la persona, come avete giustamente sottolineato. penso che prima o poi si tornerà ad un'inversione di tendenza, ma temo che per arrivarci, dovremo dare il giro...tenere duro, abbattersi mai, questo l'unico modo per risollevarsi. non è forte chi non cade mai ma chi cadendo trova la forza di rialzarsi. sempre. un abbraccio
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